15.5.12

Essere turisti a New York non è abbastanza

Recentemente, scorrendo la sempre gravida homepage di Facebook, mi sono resa conto che nel corso degli ultimi mesi un sacco di gente che conosco è stata a New York, o ci andrà a breve. Una statistica bizzarra. Il fatto che io abbia più di cinquecento "amici" sicuramente aiuta a incrementare le probabilità di avere gente tra i propri contatti che di recente è stata nella Grande Mela: se in media un amico su cento va a New York, non mi dovrebbe stupire il fatto che io ne abbia cinque o sei. Ma la cosa mi ha stupito comunque, perché tra queste persone non c'è assolutamente alcun legame, ho conosciuto ognuna in contesti ben distinti e le uniche due cose che le accomunano sono il fatto che conoscono me e che sono recentemente state nella città americana. Si potrebbe giungere alla conclusione che New York sia una meta davvero universale, poiché ha attratto e attira persone tanto diverse l'una dall'altra. New York offre di tutto, chiunque a New York trova quello che cerca.

Nonostante le persone che conosco che sono state a New York siano tanto diverse l'una dall'altra, ci sono aspetti dei loro viaggi nella metropoli americana che sono comuni quasi a tutti e che appiattiscono drasticamente la varietà umana che normalmente le caratterizza. Sto ovviamente parlando dei classici intramontabili della propria prima volta a New York: la Statua della Libertà, il caffè da Starbucks, le foto fatte nei musei (per far vedere agli amici che la vacanza ha avuto anche un aspetto culturale) e quelle fatte dalla cima dell'Empire State Building, per citarne alcuni. Nonostante New York proponga un'infinità enorme di attrazioni, la prima volta che la si visita, gran parte del tempo viene comunque impiegata per vedere quello che abbiamo già visto in milioni di foto, cartoline, film, siti internet. New York è negli occhi di tutti, chiunque è in grado di elencare almeno cinque monumenti di New York anche senza aver mai fatto grandi ricerche in merito. Eppure, quando si è là per la prima volta, quasi si cerca una conferma di quello che conoscono tutti e si vogliono vedere coi propri occhi quei monumenti che la cultura popolare ci propone regolarmente.

Non c'è niente di male nel voler fare il turista a tutti i costi, anch'io l'ho fatto a suo tempo. Nei quattro giorni che ho trascorso a New York la mia prima volta ho trascinato mia madre in cima all'Empire State Building, l'ho portata a perderci in giro per Central Park in cerca del monumento a Balto (e questo senza aver provato prima a localizzarlo su una mappa, ma confidando che mi ci sarei imbattuta per caso perché ho molta fortuna. Ovviamente non l'ho trovato), ero curiosa di vedere Times Square, Ground Zero, il ponte di Brooklyn e la Statua della Libertà, volevo a tutti i costi prendere il caffè da Starbucks e comprarmi l'originalissima maglietta "I <3 NY", avevo perfino il pallino di Battery Park perché i Cranberries ci avevano girato un video e non potevo certo perdermi la possibilità di farmi una foto in quella che era stata la location di un loro video! Va bene tutto, era la mia prima volta a New York e forse è giusto che la prima volta sia per tutti così tremendamente... standard.

Ma New York offre molto di più. Su questo punto insiste l'autrice di quest'articolo, nel quale cerca di convincere il visitatore ad abbandonare il sentiero battuto per esplorare nuove strade. Nel suo decalogo ho riconosciuto lo spirito che mi ha animato la mia seconda volta a New York, quella in cui mi sono sentita meno turista e più parte della sua incredibile popolazione. Ma andiamo con ordine.

Il primo punto insiste sul disertare i musei più gettonati e dare invece una chance a quelli minori. Ho obbedito a metà, nel senso che in due mesi ho trovato il tempo appena per un museo, uno di quelli gettonati. Non il MOMA o il Metropolitan, ma quello di Scienze Naturali. Ero rimasta così affascinata dagli scheletri dei dinosauri al Royal Ontario Museum di Toronto da non essere riuscita a sfuggire al loro richiamo nell'affine museo newyorchese. Come mi ha suggerito di fare la mia guida (anche spirituale), ovvero la signora con cui ho abitato durante la mia permanenza a New York, ho ignorato il prezzo del biglietto che mi è stato suggerito all'ingresso e ho trascorso mezza giornata a vagare per le sale del museo per 5$:
- Potresti anche pagare 25 centesimi, a loro non interessa.
- Sì, ma è un museo. Bisogna supportare l'attività di un museo!
- Figliola, non hai idea degli sponsor che ci sono dietro a un museo come quello. Se ti fa sentire meno in colpa dai 5$, ma di più non è davvero necessario.
E così ho fatto. Mentre dicevo alla cassa: "I wish to pay 5$" mi sentivo come se stessi rubando qualcosa, ma ho cercato di ripetermi che d'altronde sono solo una povera studentessa viaggiatrice e che i miei cinque dollari erano pur sempre meglio di 25 centesimi.

La Statua della Libertà. Vorrei dire che stavolta non ho nessuna foto che la ritrae, ma in realtà ne ho una, scattata da Brooklyn mentre testavo il mio nuovo grandangolo in una freddissima domenica di metà gennaio. La si vede in lontananza. Quando ero stata la prima volta a New York avevo provato l'esperienza del traghetto gratuito per Staten Island da cui mi ero goduta la vista della signora con la fiaccola e il libro. Sebbene non mi interessasse ripetere l'esperienza e non fossi particolarmente attratta dalla Statua della Libertà al punto di volerla rivedere stavolta, una sera di dicembre un ragazzo con cui i miei cugini mi avevano organizzato un appuntamento mi aveva portata al Liberty State Park, nel New Jersey, da dove l'avevo vista da una prospettiva diversa. Quindi sì, la Statua della Libertà l'ho rivista, ma è stato per caso. Non mi interessa più, dopo che la si è vista una volta, perde tutto il suo appeal. Come la Sirenetta di Copenaghen.

Central Park l'ho evitato come la peste, dopo il vagabondaggio a caso della prima volta. Mi sono ritrovata a costeggiarlo tutti i giorni, perché ci passavo per raggiungere il Columbus Circle da cui prendevo la metropolitana, ma non mi ci sono mai più avventurata. C'è stata una volta in cui avrei voluto avere il tempo per passeggiarci, possibilmente con la macchina fotografica, il giorno dopo un'abbondante nevicata, perché era tutto bianco e immerso nella foschia. Mi sono incantata a guardare il meraviglioso spettacolo che mi si parava davanti agli occhi mentre percorrevo Central Park South, ma non avevo il tempo per fermarmi, e soprattutto non avevo la reflex con me. In ogni caso, non ho più sentito il bisogno di camminare per Central Park. Di scoiattoli ne avevo visti abbastanza a Toronto e per una semplice passeggiata nel verde e una sosta su una panchina a questo giro ho preferito Washington Square.

Devo purtroppo ammettere di essere caduta nella trappola di Magnolia, e di aver infranto la regola numero 5. A spingermi lì non è stato, però, Sex And The City. Non ho mai seguito quel telefilm. Ad accendere la curiosità nei confronti di quella pasticceria è stato il consiglio di una ragazza polacca che ho conosciuto a New York, che mi ha assicurato che lì avrei trovato una delle migliori Red Velvet della città. Ci sono capitata quasi per caso; stavo percorrendo Bleecker Street senza una precisa meta, quando mi ci sono ritrovata davanti e non ho saputo resistere all'impulso di entrare ad assaggiare uno dei loro cupcake. Devo ammettere che un po' sono rimasta delusa, avevo fatto un sacco di ricerche sulla Red Velvet pochi mesi prima e vedere che loro la proponevano con una crema che non è quella canonica mi ha un po' spiazzato. In un certo senso, però, ho anche rispettato la regola numero 5, perché se da Magnolia sono capitata per un motivo non attinente al celebre telefilm che ha reso famoso il negozio, mi sono trattenuta dall'andare a fare due ore di coda per entrate nella pasticceria di Buddy Valastro, di cui sono invece una grande fan. La pasticceria Carlo's l'ho vista da fuori, quella stessa sera in cui il mio mancato spasimante mi ha portato a Jersey City. È bastato che accennassi alla mia passione per Il Boss delle torte perché il diligente ragazzo mi caricasse in macchina e mi portasse a Hoboken. Nonostante quello, però, non gli ho concesso un secondo appuntamento.

La questione dei film e degli spettacoli la dovrei un po' adattare e dovrei fondere, quindi, insieme le regole 6 e 9. Una cosa che non ero riuscita a fare la mia prima volta a New York era stata andare a vedere un musical di Broadway. Questa volta sono partita con l'intento di vedere almeno Mamma Mia! e The Phantom of the Opera, ma mi è andata male e la visione di questi due colossi di Broadway è sulla lista delle cose che farò la mia terza volta a New York. In compenso, però, ho avuto l'occasione di andare a vedere uno spettacolo di una compagnia minore, in un teatro minore e in lingua spagnola, ovvero l'adattamento drammatico di Crónica de una muerte anunciada di García Márquez. Ah, quanto adoro le produzioni minori.

Per quanto riguarda lo shopping, non sono stata a Canal Street e quindi dovrei dissociarmi dalla regola numero 7. Però sono stata da Century 21, e questo più di una volta. Quello è sinonimo di turista tanto quanto le magliette "I <3 NY". Anche da Victoria's Secret sono stata molto spesso, e anche quello è un posto molto gettonato dalle turiste (ricordo una coppia di turisti italiani che era venuta a chiedermi dove fosse la Victoria's Secret più vicina perché dovevano assolutamente andare a farci compere). Ma la celebre catena di intimo è frequentata in ugual misura anche dalle newyorchesi, e quindi lì mi è sempre stato più facile mimetizzarmi e passare per una del posto. Tranne una volta. Mi avvicino alla cassa e poso l'ennesimo carico di mutande sul banco. Al braccio ho appesa una borsa di Century 21. - Da dove vieni? - chiede subito la commessa. Beccata. Tiro fuori la carta di credito italiana e le racconto la mia storia.

In definitiva, dopo la mia seconda volta a New York ho trovato molto interessanti i punti descritti nell'articolo. Sicuramente come mi sono vissuta questa volta la Grande Mela, immergendomi nella sua realtà culturale più profonda e stando a stretto contatto con la sua gente, è stato molto più gratificante del frenetico seguire la lista dei posti imperdibili che aveva caratterizzato la mia prima volta. Ma non biasimo il first timer che disubbidirà alle regole elencate in quell'articolo. Perché l'ho fatto anch'io, a suo tempo, e ho dei bellissimi ricordi di quando anch'io ho posato, come milioni di persone prima di me e in modo assolutamente poco originale, davanti alla Statua della Libertà o sul ponte di Brooklyn.

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